LE CITTÀ VERDI
Qualche giorno fa sono stati abbattuti una quarantina di aceri nell’area verde di via Don Gnocchi, a Paullo, destinata alla costruzione della nuova scuola dell’infanzia. In effetti durante l’estate si erano verificati episodi di cedimento di un paio di queste piante e la Giunta, dopo aver fatto periziare lo stato delle alberature, con delibera n° 73 del 04/09/2025 ha dato mandato ai competenti uffici per l’eliminazione della situazione di pericolo. Si è così arrivati in questi giorni all’abbattimento di tutti gli esemplari presenti nell’area, fatto che ha sollevato indignazione sui social e accuse di “fretta ingiustificata e visione miope del territorio” da parte del consigliere Massimo Gatti sul Cittadino di Lodi del 7 novembre.
In questo articolo vorremmo, a partire dalla perizia, fare un’analisi più articolata della questione. La vita di un grande albero è un evento complesso, che abbraccia nel tempo più generazioni umane, numerosi mandati consiliari, cambiamenti anche radicali dell’ambiente urbano circostante. Stabilire se deve essere abbattuto e per quali cause è senz’altro competenza di un agronomo, ma è a carico del decisore politico verificare se tali cause potrebbero essere rimosse. La polemica sui social attualmente in corso è dannosa perché semplifica un problema complesso. Sui social lo si può giustificare, perché è nel loro stile, ma purtroppo si sta affermando la stessa modalità, o bianco o nero, anche sui quotidiani.
La perizia redatta dal dottor Luca Masotto è datata 22 febbraio 2025. Su 45 piante solo 16 sono considerate di classe D/estrema, sia nel tronco sia nella chioma, e di tutte se ne prescrive l’abbattimento rapido. Delle restanti ne vengono segnalate 20 la cui cura, pur possibile, è ritenuta antieconomica, mentre le ultime 9 sarebbero infine salvabili con opportune selezione e rimonda della chioma, o, addirittura, senza fare nulla. Sembrerebbe quindi che non tutte le piante fossero necessariamente da abbattere, e, in ogni caso, non tutte mettevano a rischio la sicurezza dei cittadini, come invece sembra alludere l’assessore Badinjki nel citato articolo del Cittadino.
Ma per quale motivo piante abbastanza giovani (30/40 anni) si trovavano in uno stato così precario? Su questo punto la perizia, di cui riportiamo uno stralcio, ci aiuta ancora una volta:
Il quadro fitosanitario degli alberi esaminati è molto compromesso, soprattutto a causa delle potature energiche subite dagli alberi nel corso degli anni, con vere e proprie capitozzature reiterate nel tempo. In tempi più recenti, le attività edili, peraltro ancora in corso al momento del sopralluogo, hanno da una parte provocato danni all’apparato radicale, dall’altro hanno permesso di appurare le condizioni di interramento del colletto di molti soggetti. Le condizioni di stabilità degli alberi esaminati potranno mutare rapidamente nel breve termine sia a causa di eventuali ulteriori scavi o lesioni da contatto sia a causa del compattamento del terreno e della conseguente asfissia radicale che insisteranno su alberi già gravemente compromessi dalle potature.
La perizia certifica dunque che le cause delle cattive condizioni delle piante sono due, le errate potature nel passato e la mancata protezione dalle attività di cantiere nel presente.
Sul secondo punto non c’è molto da dire, gli alberi presenti in un cantiere edile dovrebbero avere una zona di protezione con un raggio ben definito in base al diametro dell’albero, a cui va aggiunta una protezione delle radici durante gli scavi, nonché una gestione delle ferite o degli sversamenti accidentali. Questo purtroppo sembra non sia stato fatto nel cantiere di via Don Gnocchi né, d’altra parte, se ricordiamo bene, fu fatto quattro anni fa per i tigli storici nel cantiere di via Mazzini. Non sappiamo cosa dicono le normative al riguardo, ma pensiamo che il problema sia anzitutto legato alle consuetudini: i lavoratori dell’edilizia, dal semplice manovale al capocantiere, non hanno grande considerazione per le piante presenti nelle aree di cantiere, ritenute di importanza secondaria rispetto all’edificio in costruzione, il vero obbiettivo del loro lavoro.
Le capitozzature sono invece da attribuire alla cattiva manutenzione nei decenni scorsi, che nel caso degli aceri abbattuti non è stata fatta a regola d’arte. In generale, le piante delle nostre città sono state quasi sempre tenute sotto controllo mediante capitozzatura scorretta e anche gli aceri di via Don Gnocchi hanno subito la stessa sorte: sono stati capitozzati malamente durante i mandati di Lorenzini, di Mazzola e forse addirittura di Gatti.
Oggi l’attenzione verso gli alberi è aumentata, ma vengono abbattuti lo stesso, anche quando non è indispensabile. Perché? Non crediamo che il problema sia riconducibile solo a questioni urbanistiche. Leggiamo sui social commenti che alludono a un’amministrazione che di nascosto ha tagliato gli alberi per chissà quale scopo o disegno. Sciocchezze nel migliore dei casi, propaganda politica scadente negli altri. La vera questione sono le scarse risorse che gli enti pubblici mettono solitamente a bilancio per la salvaguardia del verde. Per far crescere le piante e averne cura, in un territorio urbano come il nostro sempre più inquinato, ci vogliono soldi, tanti soldi. Curare un grande albero e farlo arrivare a cent’anni in una città intossicata dal traffico, dalle piogge acide, dagli eccessi climatici di un clima quasi tropicale, non è come coltivare gerani sul balcone.
La prima cosa che dovrebbe fare un’amministrazione che ha a cuore l’ambiente è un Piano del verde, si veda a proposito tra i quaderni ISPRA il n° 33/2024. Per quanto riguarda Paullo ci risulta che con determina n° 367 del 13/06/2023 l’ufficio tecnico abbia incaricato la dott.ssa Savarese di redarne uno. Sarebbe interessante conoscere questo piano e discuterlo. Sarebbe altresì interessante vedere il contratto recentemente stipulato tra il comune e la cooperativa Verbena per la manutenzione del verde pubblico. E’ tutta documentazione amministrativa che i consiglieri di opposizione dovrebbero approfondire prima di chiamare all’adunata le schiere ambientaliste paullesi lamentando la “strage verde” commessa dall’amministrazione.
Guardiamoci intorno alla ricerca di esempi concreti di una buona cura del verde pubblico. Un quartiere a noi vicino famoso per le grandi aree verdi, veri e propri boschi urbani, è Metanopoli, nel comune di San Donato. Da dove salta fuori un quartiere così? Sicuramente dalla mente di Enrico Mattei, che già nel dopoguerra aveva visto lontano, ma alla sua visione di un quartiere immerso nei boschi si sono aggiunti i soldi che la SNAM accumulava estraendo idrocarburi in giro per il mondo. Riflettiamo su questo paradosso, un quartiere verde grazie ai soldi accumulati con il petrolio. Peraltro da un po’ di tempo non è più così. Metanopoli è gestito da un supercondomio dei proprietari di case e la questione delle risorse è un problema anche per San Donato, dove ci sono abbattimenti come a Paullo.
Concludiamo ricordando a tutti che gli alberi sono importanti perché migliorano la qualità della nostra vita, ma questa qualità costa e se non si ha a disposizione uno zio Paperone con tanti quattrini in qualche modo devono pagare i cittadini. Capire questo è la prima cosa da fare se vogliamo una Paullo più verde.
